“Sweet Child O’ Mine” dei Guns N’ Roses mentre sono in macchina, una mano sul volante e l’altra fuori dal finestrino.
Il sole che scotta, l’aria che mi scivola tra i peli del braccio. Sensazione di carezza.
Un’occhiata nello specchietto retrovisore, Ray Ban e ombra di barba sul viso.
Lascio il casello e mi immetto in autostrada, alzo il finestrino e questo quasi deserto davanti a me mi fa sentire onnipotente.
Premo sull’acceleratore e sento la musica che scivola dentro e ho voglia di essere già là.
“Piacere Tommaso e lei?”
“Lei? Io sono Elisabetta.”
Il ricordo ancora mi fa sorridere. Ero entrato nel suo negozio per sbaglio, aspettavo un amico e mi aveva attratto una borsa e visto il compleanno imminente di mia madre, avevo pensato di comprargliela, ma pensandoci ogni volta credo sia stato il destino a buttarmi dentro quel posto da mille ripiani coperti da borse, borsette, zaini e cinture.
Lei, capelli rossi naturali, occhi verdi, piccolina, mi fece un sorriso timido e abbassò subito le palpebre, quello mi fece innamorare di lei, ecco perché come un cretino mi presentai. Non ero solito farlo neppure in un locale, figuriamoci con una commessa.
Da allora sono trascorsi due anni, duri perché io sono tornato a casa dei miei genitori per un periodo che ancora dura per colpa di un ictus che ha colpito mia madre e vederci è molto difficile anche per il mio lavoro di rappresentante alimentare.
Abitavo a Genova anche io e i primi momenti era stupendo andare a prenderla fuori dal negozio e passeggiare per un pò prima di andare a cena.
Lei la mia piccola ragazza, mi viene sempre voglia di prenderla in braccio.
Quando la presentai ai miei amici ci rimasero, perché io sono alto, muscoloso e lei uno scricchiolino dolce che amo, che voglio proteggere.
Parcheggio l’auto e prendo il pacchetto.
Respiro forte e vado.
Mi sudano le mani, mi tocco la punta del naso, sono nervoso.
Raggiungo la viuzza del negozio, scorgo la vetrina, è appena uscita una signora e allora allungo il passo.
“Si può?” E tossisco.
“Certo…” E appena si gira le si apre un sorriso sul volto, mollo la scatola e vado ad abbracciare l’amore della mia vita!
“Ti amo Eli, ti amo amore mio, mi sei mancata tanto.”
“Ma che ci fai qui?” Mi dice mentre la tengo su e mi accarezza le guance.
“Una sorpresa alla mia bambolina.”
“Tu sei pazzo.”
“Non ce la facevo più.” E la bacio forte, il desiderio è prepotente, lo sento nelle viscere, ma mi devo calmare che potrebbe entrare qualcuno. La rimetto a terra e recupero la scatola.
“Buon compleanno amore mio.”
E mi poggio al bancone piegandomi in avanti per vedere la sua reazione.
Scarta e ogni tanto mi guarda e mi fa una carezza sulla testa, apre la scatola e c’è un portagioie antico.
“Era di mia madre e volevo ora lo avessi tu per metterci le cose a cui tieni di più.”
“Amore…” e lo apre, parte un carillon dolce e in un sacchettino ci sono due ciondoli con le nostre iniziali.
Avrei voluto chiederle di sposarmi ma purtroppo non saprei come fare per la casa per tutto e vivere lontani da sposati sarebbe peggio di come siamo ora e lei lo sa.
Succederà presto.
“Tommaso…ti amo.”
“Io di più…” E non resisto la bacio ancora più forte di prima e la tengo stretta a me, sente che ho la carne infuocata.
“Amore…ora non posso, perché non vai a prenderti un caffè?”
Tommaso esce, Tommaso va a farsi un giro. Tommaso è bello, molto.
Quando passa, molte donne si girano e sorridono.
Tommaso sa di piacere. Tommaso non si innamorava da troppi anni e forse non aveva mai capito quale fosse l’amore vero fino a che non incontrò Elisabetta e si dimenticò di tutto il prima.
Di quelle mille mani addosso nelle notti che duravano a lungo.
Tommaso aveva smesso di volere corpi, ora voleva cuore e anima.