Sveglia all’alba.
Quando la stanchezza è troppa e il sonno sparisce.
E resto lì, come sdraiata in un prato ma senza fiori, solo pensieri.
Mi sento soddisfatta.
Mille incastri, un pò come restare senza fiato mentre si percorre una discesa ripidissima in sella ad una bicicletta ed arrivare alla fine con la testa piena di aria.
Non scrivo da troppo, è come se le parole non mi raccontassero abbastanza, è come se fossimo in lite, allora le leggo quando posso, da estranea, lontana, come se non mi fossero mai appartenute, mentre vivo il resto, senza viverlo.
Una bolla intanto che assaporo tanto.
Sveglia all’alba e già penso al dopo.
Al tutto da fare.
Ad uscire, a quella manina calda nella mia, agli incastri, ai sorrisi solo con gli occhi, alla gratitudine, alla dolcezza, ai profumi.
Voglia di fare tutto.
Mi vedo da fuori come ferma, ma in realtà ferma non ci sto mai e mi viene in mente il mare, sì, perché quando sono in vacanza sono insofferente, non riesco a stare immobile, odio quella sorta di routine spiaggiata.
Sono nata così.
Invento, faccio, disfo.
E vorrei tornare a scrivere, ma sul serio.
Quello per cui ci vuole testa, ma ci vogliono anche gli stimoli e se sei costretto ad una vita senza incontri, senza nuovi luoghi, dopo un pò restano solo i soliti versi.
La musica si fa ripetitiva.
Aspetto che torni il ritmo e intanto leggo.
Nel mentre non sto ferma.
Mi alzo presto e mi godo le ore di tutto.
Del tempo pieno e che corre.
Delle risate e delle urla di mio figlio.
Cerco di scacciare i sensi di colpa di una madre che crede di non fare abbastanza.
Di una ragazza che si sente fragile.
Donna mi sembra un termine troppo grande per me che mi guardo allo specchio e vedo lo sguardo e le sfumature di mia madre nel profilo di mio padre.
Vedo qualcosa che ho costruito di nuovo.
Vedo la fierezza di una persona che credeva non ce l’avrebbe fatta ed invece ha avuto un coraggio grandissimo.
Sveglia all’alba penso a tutto quello che ancora verrà, sì, perché io non mi so attaccare troppo alle cose materiali, so attaccarmi a me stessa, alle mille sfaccettature di me.
Come quando mi viene quel fottuto attacco di panico e tutto si irrigidisce, come quando la testa si offusca e mi riporta indietro di anni, è lì che ritrovo la mia forza, nella fragilità.
Non mi potrò mai abituare.
E purtroppo so non passerà mai.
Mentre sono sdraiata in questo prato di pensieri, so che un giorno lo dovrò raccontare anche a mio figlio che già mi conosce, vede quando sto male e mi abbraccia forte.
Abbasso le palpebre e le stringo per non fare salire il negativo.
È difficile stare con me, sono un uragano.
Poi se mi fermo è solo perché sto male.
È come se mi stessi confessando.
Tremando.
Sapete cosa succede quando un giorno ci si alza e non è più come il giorno prima?
Da quel giorno per me sono trascorsi quasi diciassette anni.
Non è più stato niente come allora.
Non è nostalgia.
In quel dopo ho conosciuto tanto di me, ho analizzato e superato i miei limiti, ho stretto i denti, combattuto, amato totalmente, vissuto pienamente.
Non mi sono fermata.
Anche se spesso penso che lì c’è stato uno stop.
Ma stamattina, sveglia all’alba mi rendo conto che quel giorno sono solo arrivata in stazione, i migliori viaggio li ho fatti dopo.
Quelli con l’adrenalina, quelli con il coraggio di superarmi.