Una giornata lunga, impegnativa, frenetica.
Le mille cose da incastrare, non perdere la concentrazione.
E la sera.
Ora. Finalmente.
Il momento da dedicare alla famiglia, alla calma, al silenzio, ai gesti caldi di supporto e presenza.
Le gambe abbandonate sul divano, il gatto sdraiato sulle mie cosce, mio marito qui al mio fianco e nostro figlio che poggia la testa al mio braccio e intanto giocherella con i ciondoli dei miei bracciali.
Questo gesto semplice mi dona pace, la sua presenza mi dà serenità.
Da quando lui esiste io sono un’altra.
Sono mamma.
Ripercorro mentalmente gli attimi dell’attesa, di quel periodo infinito che è stata la mia gravidanza, lui che non aveva la minima intenzione di venire fuori, che alla fine i medici decisero di indurmi il parto.
In tutto quel tempo ho immaginato come sarebbe potuto essere quel ruolo che desideravo da tanto di ricoprire, era come se sentissi dentro scalpitare un senso nuovo.
Avevo il sogno di intraprendere quella strada, ma non volevo avere un figlio solo per soddisfare un mio bisogno, volevo accadesse al momento giusto, con la persona giusta.
Alzo gli occhi e la guardo quella persona, mio marito, che ora è ignaro dei miei pensieri ma ne è protagonista anche più di me a volte, soprattutto agli inizi di quei nove mesi, quasi dieci!
Mentre sorrido tra me e me e poggio una mano su quella di nostro figlio, mi rivedo durante quei primi giorni, io non ci volevo credere e invece il mio compagno era sicuro che io fossi rimasta incinta subito, ne era convinto. Era come se io pensassi che mi ci sarebbe voluto più tempo e invece era già dentro di me, prendeva forma, cambiava le mie, mi sorprendeva, mi faceva sentire unica.
Mamma.
I giorni passavano e il pensiero che qualcosa non potesse andare per il verso giusto cominciava a bussare, ma poi non ce n’è stato motivo. Credo che sia normale avere ansie, come sta succedendo ora, intanto che lui cresce e ci fa stupire per i suoi passi da gigante, dei tanti obiettivi raggiunti e io sono lì che penso al suo futuro, se sarà un adulto indipendente e sereno. Vorrei solamente non soffrisse in alcun modo e che riesca a badare a se stesso.
Non ho bisogno di altro ora, dentro a queste quattro mura, in questo piccolo spazio del salotto c’è tutta la mia vita. La mia metà che mi sopporta e supporta, il mio amico felino e il mio tallone d’Achille, mio figlio.
La mia priorità, il mio amore, la mia esistenza.
Cerco di ricordarmi che devo mettere me stessa al primo posto, che devo esistere io prima di tutto, ma poi lo guardo e penso che lo sto già facendo.
Mio figlio è la mia vita, è la mia continuazione.
Infatti gli prendo la mano, è lì che vedo il futuro.
(Dall’esperienza di “La Fizza”)