Sfogo

Urlo a modo mio, mentre il sole fuori prova a sciogliere il ghiaccio sui tetti.

Le dita sulla tastiera e la musica che mi gratta dentro.

La testa che scoppia ma non posso farne a meno, solo una cosa mi aiuta a respirare ed è lo scrivere.

Ne ho bisogno, quello di urlare tra le lettere.

Riflesso dentro mattonelle rosa il mio profilo diventa nebbia dentro gli occhi vuoti e tristi.

Cosa ne sanno gli altri?

Cosa sanno vedere realmente?

Lo sanno quanto io urlo dentro senza farmi sentire?

E chi se lo ricorda com’era prima?

Prima di cosa?

Mi guardo le dita che scorrono veloci e che si sentono calde su quel profilo che amano.

Quando ero ragazzina non mi piacevano le mie mani, piccole e con le dita storte, guardavo quella della mia compagna di banco, con le unghie grandi e perfette, lei che d’inverno durante le interrogazioni si tirava sempre la manica destra del maglione per attenuare la tensione.

E io cosa facevo?

Mi sentivo invincibile appena raggiungevo la cattedra anche se fino ad un attimo prima sentivo la nausea salirmi in gola e così è stato per tutte le altre volte importanti, quelle più grandi della vita.

Oggi sono arrabbiata, stanca, vuota, una parte di me che odio, il contorno che si impadronisce dell’interno e mi porta via il sorriso, picchia duro e mi indebolisce, le tempie, il collo, la schiena, il fegato e si irrigidiscono le gambe, la vista trema e mi trema pure il cuore.

Voglio quei giri in macchina con la mia migliore amica, il cd di Gianna Nannini e le nostre risate, voglio correre e non pensare.

E invece ho freddo. Troppo. E il ghiaccio sui tetti oggi c’entra relativamente.

Poi ci sono i curiosi, quelli che leggono e poi ti diranno “ma che hai?”, forse dovevate esserci prima. Succedono sempre le cose, accadono e io di rado mi lamento, ho sempre combattuto da sola. Sempre, una forza da fare paura, mentre le lacrime non erano sul viso ma tagli che lasciavo su carta e che ho ancora stipati su quaderni in camera. 

I ricordi sono pezzi di fiumi che ora sono pieni di erbacce alte, sento il freddo nelle mani come anni fa e però io non mi fermo, quando credo ad una cosa divento intollerabile addirittura a me stessa.

Passa poi, passa sempre, arriva il giorno dopo e mi sento svuotata ma di nuovo libera, come un treno pronto alla sua nuova corsa.

Ieri mia madre mi ha detto una cosa molto bella, ha pensato a quanto io sia sensibile e purtroppo sa anche quanto questo mio lato venga schiacciato, lei sa tutto, lei che mentre tremavo da ragazzina e mi sentivo precipitare nel letto dalle vertigini che avevo, mi portava il latte caldo con i biscotti e stava lì finché non mi sentivo meglio.

Per gli altri io sono stata mille volte pazza, quelli che non sanno leggere tra le mie righe e sapete che io li invidio? Tanto. Loro hanno qualcosa da raccontare, io penso che un giorno a mio figlio avrò ben poco da raccontare perché non potevo essere spensierata come tutti gli altri.

A diciassette anni alla sua mamma è stato cambiato il mondo e niente è stato più come prima.

Ma odio le bugie, odio le prese in giro, odio tutto quello che viene nascosto perché sono stata io la prima a mentire proprio in quegli anni, perché mi vergognavo di non poter essere là fuori a vivere come facevano tutti gli altri.

So il dolore che provoca il nascondere la verità, so le conseguenze che porta, quelle che ancora oggi sto pagando. 

Quando sto così mi manca il fiato e c’è un lato di me terribilmente testardo che mi dice di andare lo stesso, di fare lo stesso, che devo, lo devo a me, a mio figlio.

Ma oggi, così a pezzi, con quella paura che mi prende come ogni volta, mi chiedo “E se un giorno non avessi più la forza di farcela?”

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2021-01-12T12:19:48+01:00