Senza di loro brucio piano

Fuori piove e la televisione accesa parla a vuoto, poggiata sul mobile bianco davanti a me.

I muri spogli, l’ordine, che invece ora dentro scuote un disordine impressionante.

Ora i miei figli non sono qui con me.

Loro che mi colorano la vita, danno un senso ad ogni attimo, quei quattro occhi che ho sempre immaginato di poter guardare un giorno, mentre tenendoli per mano avremmo inventato avventure e parlato di tante cose, anche stupide, ma le avremmo fatte uscire da noi.

Oggi non sono qui con me, sono di là, i n quel pezzo di vita che ho dovuto lasciare. Stringo ancora i pugni ma poi ricaccio tutto altrove e ripenso a come durante l’attesa, la gioia di poterli sognare nelle notti di lavoro in solitudine mi facesse vibrare il petto, come l’ansia di non poter fare abbastanza avrebbe potuto frenarmi.

Sono stati mesi stressanti ma intensi, era come se non passassero più, erano scanditi dall’irrequietezza del non sapere come sarebbe proceduta, l’attesa di quelle due vite infinite.

E’ trascorso qualche anno da allora, attimi di amore puro e condivisione, di risate e tante strette, di baci e di carezze, di protezione e speranze, di mie fobie e lacrime in silenzio, lontano da loro.

Fisso la persona sullo schermo che parla ma non ascolto. Se i miei figli non sono con me mi sento inutile, sgretolato, brucio piano e rallento il respiro, mi chiedo se faccio abbastanza, se sono un bravo padre, se sono all’altezza, se potrò essere quel cavaliere impettito che si mette davanti a loro per riparare la loro salute e renderla di ferro.

Chiudo gli occhi, non è sonno, mentre la pioggia cade, poggio le mani sul petto come a sentirmi il cuore, stringerlo, acchiapparne il calore, nello stesso punto in cui loro si accoccolano a raccontarmi di tutto, prima di addormentarsi, prima di darmi ancora un senso perfetto di vita.

(Dall’esperienza di Fausto)

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2018-11-10T21:06:55+01:00