Fuori il cielo grigio a confondersi con i confini.
La musica che mi gratta dentro.
Quei bisogni che da tempo sto mettendo da parte, ma non posso continuare a non ascoltare.
Inverno.
Un maglione rosa chiaro.
I capelli che ricadono lunghi davanti come non li ho avuti mai.
E una storia.
Quella.
Messa in un angolo ma che è continuata in altri modi, tante difficoltà ma qualcosa alla base così grande da non poter essere definito.
Mi luccicano gli occhi, mentre le dita scorrono veloci sulla tastiera.
Lei davanti ad una tazza di latte caldo e lui a quel camino che avevano progettato assieme tanti mesi fa in un pomeriggio di gennaio, mentre il buio fuori ancora si adagiava sulle ultime luci di Natale.
La cucina bianca e le travi scure a far da cornice ad una casa ristrutturata e amata fin dal primo momento, le finestre alte a dare sul centro di una città sempre in movimento.
La pace.
Lì dentro ai suoi occhi.
Si alza e lo raggiunge, lo stringe da dietro e si perde nell’incavo del suo collo, il profumo di casa sta tutto lì.
Nessuna parola.
La voglia di un abbraccio.
La voglia di un respiro sul petto.
Di sentirsi dire che è tutto a posto.
L’esserci l’uno per l’altra e nient’altro.
Le mani che si sfiorano e guardarsi senza dirsi nulla, una complicità che fa pulsare il cuore.
Non c’è un’introduzione, sono andata a prenderla nella memoria questa favola, perché abbiamo tutti bisogno di un posto dove sentirci sicuri, un luogo dove raccontarsi senza tenere dentro nulla e se troviamo due occhi ad essere questo, è solo fortuna.
Ovunque essi siano.
Anche se non si possono asciugare le lacrime, ci pensa il cuore ad essere abbastanza grande e fare tutto il resto.
Chissà quanto si sono raccontati loro, chissà quante cose in silenzio ora si dicono.
Io smetto di scrivere, ma non di emozionarmi.
Grazie a quei due.