Una penna tra le mani ad annotare i miei pensieri spettinati e nel buco tra una cliente e un’altra, mi aiuta anche a fare qualche schizzo di moda, immagino abiti, dò volto a donne che non esistono. Mi appassiono a tutto ciò che è tendenza, colore e fantasia.
E mi rivedo ragazza, a spasso in quella città in cui le passerelle colorate e i cappelli di velluto rosso mi hanno sempre affascinato quando la sfogliavo sui giornali.
Parigi.
E ripenso alla dolcezza dei primi cambiamenti lungo il corpo.
Le rotondità che riempivano le pieghe dei vestiti, si dilatavano per fare spazio alla vita che cresceva. Quella che si incastrava prima nel cuore e scacciava via tutte quelle paure che fino ai ventotto anni mi avevano reso troppo ragazza e bambina per avere il coraggio di provare a cercare un figlio.
Avevo la fobia del dolore, di una gravidanza difficile, del parto e invece è stato tutto bellissimo così che con mio marito decidemmo di fare un viaggio nella Ville Lumière per festeggiare.
Parigi e i ricordi di un’esperienza nuova che ci avrebbe resi protagonisti, complici e responsabili.
Una prima volta e poi una seconda, madre di due ragazzi di cui vado molto fiera, quelli a cui auguro felicità per le strade che hanno scelto e percorrono ogni giorno, tenendo sempre al primo posto la salute che non credo sia mai troppo scontata come prerogativa.
Sigillo nel mio cuore la bellezza materna di ricordi e calma, io che li guardo arricchirsi di esperienze e di cui gioisco mentre si confidano.
Mentre diventano grandi ed io dal mio posto seguo i loro passi in più.
(Dall’esperienza di Sabrina)