La mia pazzia

Mi alzo, accendo il pc e metto quella musica.

Sì proprio quella che cinque anni fa mi ha fottuto.

Qualche nota e poi parte la sua voce e a me parte il cervello.

Questa mattina sono senza filtri, le dita corrono e poi si fermano.

Non ho bisogno di trattenere le emozioni, ho già parecchio per cui soffocare.

E la musica sale come il mio cuore dentro al petto.

I polpastrelli sembra stiano premendo su tasti di un pianoforte, quello che mi ha sempre affascinata.

E la sua voce mi entra nelle ossa, gratta e fa uscire cosa porto sotto pelle.

Era estate e nell’afa della giornata io scrivevo, storie. 

Mi immedesimavo e poi ne uscivo, non so neppure io come mi succedeva, era come se le avessi vissute io ma poi ne uscivo.

Quasi indenne.

Da sempre mi nutro di emozioni e infatti mi ricordo che vent’anni fa io ero a Trieste e invece a lui batteva forte il cuore per quella nuova avventura.

Ma ora?

Ora siamo qui.

Insieme ma distanti.

Cosa se ne fa la terra quando un sentimento è proponente e scalcia come un bambino dentro il grembo di sua madre?

E la musica sale e io raddrizzo la schiena e mi incendio.

Scrivo, non si può capire, non sono le parole del testo a fare l’emozione ma come increspa la chitarra e poi la batteria si lascia andare e io non ci vedo più. 

Non sono neppure più qui seduta, ma in un luogo che ho immaginato e mai vissuto, con gli interni bianchi e le grandi finestre, sento profumo di crostata e vedo le sue labbra poggiate al cuscino.

Sono pazza e non mi importa perché io non le trattengo più le emozioni e me lo ha insegnato quello pazzo come me proprio vent’anni fa.

Sarà una dedica e chi lo sa?

Le persone speciali a volte hanno vergogna di camminare per strada e non sapete quante volte è successo a me, anche quando quella strada era diventata mia nemica e non riuscivo neppure più ad attraversarla.

Ricordo le calze a righe che a diciotto anni indossai per andare nello studio di una psicologa e sentirmi dire che non ero sbagliata ma lo erano gli altri che non mi guardavano mai negli occhi.

Lui mi guarda negli occhi, non ha paura e allora che succede?

Che i miei occhi si trasformano e diventano a mandorla e le gote di illuminano e il naso mi diventa rosso.

Myles Kennedy pare rida mentre canta, ammicca in questo pezzo e sapesse quante parole ho scritto ascoltandolo.

C’era il mare e chi lo sapeva che ero poco distante da quegli occhi tristi?

Forse già mi stava cercando.

E poi l’ho trovato io.

O mi sono incontrata.

Difficile stringersi le mani ora.

I sentimenti si fanno più sottili.

E io non trattengo neppure più le lacrime, figuriamoci il respiro.

Le note stanno per finire per la quarta volta.

Sapete che vi dico?

Abbiate il coraggio di essere pazzi, perché se non siete un pò folli avrete sempre dei rimpianti e la vita è davvero un soffio per essere sprecata.

Per essere buttata come un foglio sul quale ci sarebbe stata una bellissima poesia d’amore ma lo abbiamo accartocciato per paura di non essere capiti.

A volte bastano due frasi ed è già estate un’altra volta anche se forse quest’anno non sarà come l’avevamo immaginata e la salsedine ci seccherà la pelle solo oltre una cartolina sbiadita.

L’amore non si racconta, si deve guardare negli occhi.

E io lo guardo negli occhi e ci vedo tutta le me che ho ancora da vivere.

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2020-04-19T08:02:51+01:00