Jeans e donna

Devo uscire e il clima mite mi invoglia ad infilare il giubbino di jeans.

I passi si susseguono, uno davanti all’altro e intanto la mente vaga e si sposta più in là, nel dietro che mi riporta immagini e mi fa scappare un sorriso, ma non importa, la pelle ha bisogno di leggerezza per sapersi illuminare nel futuro.

Ero adolescente, sedici anni. Le mie compagne più carine indossavano dei giubbini di jeans corti e aderenti e lo desideravo anche io.

Lo chiesi a mia madre quasi timidamente, non mi piaceva avere pretese e ripensandoci sento ancora le gote rosse, era come se le chiedessi di apparire in un certo senso un po’ più femminile.

Me lo comprò. Tornando da scuola lo trovai sul letto.

Lo infilai ma non era aderente, non era corto.

Mi ricordava quello anni ‘90 di mio fratello, gli mancavano solo gli adesivi.

Non mi piaceva ma lo indossavo perché era un regalo di mia madre, non era femminile come desideravo, mi scioglieva sotto la sua stoffa accompagnato dalla mia timidezza.

Goffaggine e trasparenza contro le altre ragazzine guardate dai ragazzi.

Ora cammino e infilo le mani in tasca, fiera anche dei suoi rifugi interni, lui ancora con me, fedele. Non mi piaceva allora, ma in quella età è difficile accettarsi, volevo forme che non avevo, occhi addosso che invece dopo mi avrebbero ferita, delusioni che poi ora mi portano allegria.

Volevo scalare e oggi quella corazza è un capo di abbigliamento che con spavalderia mi rende gioiosa.

E così svolto la curva e guardo il cielo blu, con fierezza, perché mentre gli anni sono trascorsi so che quella me che non era così alla moda come le altre, era serena e già con una sua personalità, perché la fragilità era la mia più grande forza.

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2019-05-02T16:19:27+01:00