Passi.
Dita.
Sogni.
E profili che si intersecano spediti nelle pellicole di scatti interpretati a tema.
Volti che si uniscono oltre vetrine che annoto premendo sul pulsante per immortalare.
Vite e gesti.
Snodi e confusione.
Preoccupazioni, sotto sorrisi di ombre, divenute corpi dentro i miei ritratti fotografati.
Passi e città che porto dentro.
Penne a sfera che incrociano linee frettolose che formano parole.
E una forchetta tra le dita a rompere il primo boccone di un dolce che scioglierà voglie e idee lungo il mio palato, il quale ricorda incendi divampati da donne immaginate, in fantasie che ho solo disegnato su fogli a righe di piccole agende tascabili.
Vetri sporchi di treni conosciuti che trasportano sconosciuti.
E vorrei semplicemente capire cosa ci fa lei così distante, irraggiungibile. Perfetta.
Scaccio il pensiero, lo nascondo oltre le calze cinquanta denari di questa donna che ho davanti distratta e lontana eppure è qui, ad un palmo da me.
Sorrido ma non lo mostro, posiziono mentalmente tutto ciò che devo scartare e mi fermo per scattare una nuova fotografia.
I treni viaggiano, io resto, ma mi allontano con la mente.
Sorseggio caffè e lo faccio scivolare come un rio limpido che disegna un panorama tutto mio, dove lei mi abbraccia e sento freddo solo se affondo.
(Dedica ad un amico)