Attimi nostri

Torno a casa dal lavoro e mi accoccolo sul divano, guardo distrattamente il cellulare, facendo scorrere velocemente le varie schermate.

Relax, un pò di distacco. I piedi abbandonati sui cuscini, il tempo incerto fuori, la casa in ordine.

– Mà, com’è andata oggi? –

Entra nella stanza il mio ometto. Lo chiamo ancora così anche se ormai è più alto di me di molto ed è nel pieno di quell’età critica che chiamano adolescenza.

Gli rispondo che è stata una giornata come le altre e che ho bisogno di riposare qualche istante prima di ripartire.

Si siede vicino a me, gli guardo i piedi così lunghi e comincio a ridere senza un motivo.

Si stranisce ma senza chiedermi il perché ride anche lui, lo facciamo assieme, forse ci contagiamo a vicenda o capiamo senza dircelo. 

Poggia la sua testa sulla mia spalla, lo stringo a me, gli dò un bacio sulla tempia e restiamo così, fermi, ognuno perso sui propri telefoni a distrarci.

Intanto il mio pensiero corre a quando lo aspettavo, a quello che credevo non potesse mai scegliermi, perché facevo fatica a restare incinta, ma quando mi colse quella sorpresa, ogni problema era finito in secondo piano, la gioia di una gravidanza mi faceva sentire imbattibile!

Sarà per questo che il mio ometto ha un carattere forte, fermo e in questo ci somigliavo e si sa che due leoni nella stessa gabbia non ci possono stare, litigano ma poi si annusano, si cercano.

Questo siamo noi.

Indispensabili l’uno per l’altro.

Gli carezzo piano i capelli e lui alza la testa.

Cresce così velocemente che mi sembra di non godermi abbastanza ciò che sta diventando e poi arrivano puntuali le paure da mamma. Il non riuscire a dargli tutto quello di cui ha bisogno, di non riuscire a proteggerlo abbastanza da questo mondo infame e a come sarà quando io non ci sarò più, come lui affronterà la sua vita. Come sarà quel suo viaggio.

Le fragilità mi rendono troppo concreta, se inizio a pensare mi faccio risucchiare e allora decido di alzarmi, di dare un calcio a queste paranoie.

– Ti va se ci facciamo due hamburger? – Gli dico.

Lascia il cellulare sul divano e mi raggiunge, ci mettiamo a trafficare assieme in cucina, ma poi mi dice di sedermi che fa lui.

Lo guardo da dietro, alto, snello, abile nei modi. 

Provo a scattargli una fotografia ma mi becca e ride. 

Amo quel suo sorriso, mi ricorda la spensieratezza.

Vai ometto, non smettere mai di essere così che fa tanto bene anche a me!

(Dall’esperienza di Debora)

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2022-03-20T16:50:06+01:00