Abbattere muri, costruire sogni

Carte sparse sulla scrivania.

Il sole che scivola oltre il vetro e mi distrae per un attimo. Il momento rallenta mi porta ai ricordi, alle attese, al silenzio.

A quando pensavo che sarebbe stato tutto difficile, ai sogni che credevo per me non si potessero realizzare. Le brutte parole lanciate davanti e dietro alle mie spalle a maledire il mio futuro, sono state per anni uno spettro che mi seguiva e che ho creduto mi portasse via la serenità, anche quando finalmente ce l’avevo tra le mani.

La bellezza dell’amore, dei progetti anche se sofferti, ma raggiunti con sacrificio e unione con la mia compagna, hanno riportato in me un equilibrio unico, come la voglia di paternità. Il desiderio di vedermi riflesso negli occhi di un figlio mi irradiava e per un periodo di otto anni questo sogno è diventato un viaggio difficile da intraprendere, credevo che quelle brutte parole stessero compiendo il loro presagio e invece no!

Invece nostro figlio era lì ad aspettarci. Così piccolo, bisognoso di affetto, ero diventato il suo riparo, il conforto dai pianti disperati e proprio in quei momenti sentivo bussare la paura che quella fragilità potesse diventare qualcosa di più concreto, che il dovermi allontanare da lui per lavoro creasse una distanza non solo fisica, ma affettiva, mentale, anche agevolata dal tassello dell’autismo. Fu così infatti, soprattutto nel periodo in cui io per lavoro mi assentavo da casa anche due mesi e ci ritornavo per dieci giorni. Si creò un muro tra di noi, dal cercarmi sempre, ero un estraneo, una presenza quasi scomoda, ma sapevo che avremmo potuto cambiare di nuovo il nostro rapporto solo nel momento in cui io sarei ritornato vicino a casa a lavorare.

L’ennesimo sacrificio, l’ennesima sopportazione, ma ce l’abbiamo fatta!

Sia con lui che con la sorellina, con cui hanno due anni di differenza. Due sogni, due pianeti diversi, due futuri che vorrei avessero molta forza. Vorrei che mio figlio acquisisse più sicurezza e consapevolezza nell’affrontare il mondo esterno, realizzarsi come uomo nella società e soprattutto sapere che ci sarà qualcuno che gli voglia sempre bene. Sono ansie che ogni genitore ha, ma chi è padre di un figlio autistico, ha un interruttore sempre acceso e continua a porsi domande sul come sarà e se farà bene.

Anche mia figlia che sembra più tosta, più decisa, mi fa stare con le antenne dritte, perché la conosco bene, ciò che mostra è solo una corazza che nasconde una forte fragilità.

Quanta protezione vorrei dare a loro, anche mentre li distraggo dalla vita con le mie stravaganze, con i miei modi allegri di affrontare ogni attimo. Cucinare cose buone, inventare scenette con i loro pupazzi, coccolarci nel lettone, ritagliarci il tempo perfetto che io non ho mai vissuto alla loro età. Non colmo mancanze, io sono ripartito con la mia compagna, con la loro madre, ci siamo costruiti la nostra casa, mattone dopo mattone e sto bene così, in questo presente, futuro che ha gli occhi dei miei figli. Nel profumo dei loro gesti, nelle risate nell’ascensore mentre faccio il solletico al primogenito o quando faccio naso naso con la piccola di casa. Attimi che non voglio cancellare, sono miei, sono nostri.

Sono la mia vita, come quelle quattro mani che non vedo l’ora di stringere una volta uscito dall’ufficio.

(Dall’esperienza di A.)

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2024-03-07T09:37:31+01:00