Fuori inizia ad albeggiare, il fresco del mattino.
Le note nelle orecchie e scivolano fino a dentro al petto, a calmare l’inquietudine lasciata da una notte troppo concreta.
Piego il collo, accoglie dei baci immaginari.
Piego la vita che non si spezza neppure ora che mi vuole rimettere alla prova e io gli faccio lo sgambetto come quando in quegli anni che ho denominato i migliori, tu mi prendevi sotto braccio e mentre tornavamo a casa, scherzavi.
I tuoi amici felice così, non ti vedevano da anni.
Cosa siamo?
Tu diventato un ricordo, io tornata a casa anche se non ne ho mai avuta una, mi sono sempre sentita al posto giusto quando arrivavano le parole e allora ne avevo così tante per te, eri solletico, mentre mi hai insegnato a vivere.
Poi ho smesso, di imparare, a mie spese, avevo una dura prova da superare e a volte non ce la faccio ancora.
Sposto i capelli dalla spalla, la clavicola ha voglia di carezze.
Penso all’altrove, a dove vorrei essere, al centro del tutto mentre mi basterebbe un niente, aspettando di vedere il mare che per la prima volta non ha nulla da restituirmi o lo credo io.
Quel mare che in quei giorni era incazzato quanto me.
Le notti che finivano presto lungo quelle lenzuola bianche e mi trovavo a scrivere di me a chi voleva fotografare la mia pelle di luna ed io avevo paura di non tornare più.
Da pochi mesi sapevo la verità e mi sentivo una sconosciuta dal viso conosciuto.
Avevo ancora i capelli lunghi che quest’anno sono tornati a toccarmi le spalle.
Sogno il vento come allora e le onde che bianche sbattono contro il mio domani regalandomi un sogno che ora provo solo a scrivere.
Questa musica è linfa, mi scivola dentro come liquido caldo e carezza i miei tagli, li risana. Calma, sento calma. Anche se il mio corpo ha dolore.
Come si può dire agli altri quello che non provano neppure a capire?
Quante frasi di circostanza che io ho smesso di volere.
Non ho mai cercato parole a caso, io che ho sempre cercato di preservarle e ho anche deciso di andarmene per sempre pur di sprecarle.
Ero timida da piccola e grande osservatrice, parlavo poco, parlo poco, guardo, vedo i movimenti, colgo, li faccio miei e li riporto a galla nei miei scritti.
Ho solo una cosa e non posso permettere che me la portino via.
Si chiama anima.
(Grazie a chi questa notte mentre io sognavo di raccontare dei miei libri, ha voluto regalarmi questa musica “Willow & Jahnavi Harrison – Surrender (Krishna Keshava”)