Il vento leggero che accompagna la passeggiata del mattino.
I piedi che toccano piano la passerella del pontile e i pensieri che scorrono sulle ciglia, guardo lontano e sento la voce che mi chiama di un tempo che avrei voluto vivere diversamente.
Le mani strette in grembo come ad abbracciarmi e questo abito di seta rosa con piccoli fiori gialli, mi avvolge come carezza.
Quelle che ho sognato spesso tra le lenzuola del letto in mansarda mentre le lacrime mi rigavano il volto che raggiungeva il sonno pesante, distante da una realtà che ormai mi stava scomoda.
Le onde del mare, di questo mare che ho invocato spesso dentro i miei pensieri dolci rivolti ad un gabbiano che oltre questo paesaggio ha volato spesso oltre confine.
Ho sentito spesso le sue mani sulla mia pelle stanca che con quel tocco tornava ad essere ragazza.
Mi fermo e sposto piano il ciuffo dei miei capelli, osservo le onde che si inseguono, mi butto sulle spalle una sciarpa leggera e mi guardo attorno, non c’è nessuno, la notte è ancora oltre i vetri dei palazzi che vedo alle mie spalle.
Mi chiedo cosa ci faccio qui, questo viaggio che ho voluto tanto e che ho deciso di intraprendere da sola, una sorta di regalo che mi sono concessa, uno sgarro ad un meccanismo che da quando sono nata mi ha sempre trovato incagliata in qualcosa che non mi ha mai voluto libera veramente.
Solo oggi, immaginando di guardarmi dal di fuori, vedo i miei occhi colmi di gioia.
Chissà se lui verrà.
Respiro a fondo e torno indietro.
I sandali che penzolano delle dita della mano destra, li indosso delicatamente e quando rialzo il viso, vedo una sagoma seduta sulla panchina distante qualche metro da dove sono.
Un groppo un gola, il cuore che accelera improvvisamente.
Lo riconoscerei ovunque anche se non ci siamo mai toccati.
L’amore lo si riconosce anche a occhi chiusi in mezzo al caos.
Mi avvicino piano, è piegato in avanti, sta guardando il mare, giacca blu e pantaloni chiari, mocassini come quel ragazzo che ho sempre pensato di accarezzare vicino ad un lampione.
Il mio eterno ragazzo anche in questi anni che non sono più di gioventù.
Manca poco e lui si alza. Occhi negli occhi. Sono ferma, bloccata.
Il mare pare canti ora.
“Maria.”
Credo di non vedere più nulla, gli occhi si riempiono di lacrime di gioia e mi spingo verso di lui e lo abbraccio, non ho bisogno di pensare di farlo, nella solitudine di questa mattina, io voglio solo perdermi in quello che desidero da anni.
Affondo il naso nell’incavo del suo collo e respiro ciò che è finalmente.
Non voglio staccarmi da lui, percepisco le sue mani sulla mia schiena e non ho più freddo, all’anima.
L’amore è lui.
Si allenta il battito, gli occhi si schiariscono, mi stacco e lo guardo, con i pollici gli tocco dolcemente le guance vicino al naso, vicino alla montatura degli occhiali che sembrano stati disegnati apposta per il suo volto, non bello ma meraviglioso per me e per il mio cuore.
Mi sento mille anni in meno, mi sento finalmente bene, dentro una lotta con me stessa che credevo di non vincere mai.
Il mio grande amore, il mio ultimo amore qui con me, alle otto di un mattino che per altri non ha senso, per me sa di tutto.Vicini al mare che non credevo avessi amato così, vicini ad un sogno che ora posso acchiappare e a cui posso stringere la mano.
“Maria, dolce creatura che sei.”
Lo bacio, piano.
Non è solo un sogno. Io ci sono davvero.