Alice

Alice ha le mani bianche di farina e le labbra color fragola. Racconta favole a suo figlio nelle sere sole prima che pure il suo sonno sbadato la prenda e la faccia viaggiare nei sogni.

Alice pensa a quell’uomo che da giorni la guarda da dietro il vetro del bar mentre lei passa e va al lavoro, non sa che nome abbia ma si rivolgono sempre un sorriso.

Ha qualcosa che non sa spiegare ma forse ci vorrebbe un disegno, di quelli fatti con il carboncino. Sfuma dietro il riflesso e quando alla sera torna indietro non lo vede più ma lo intravede dentro il bagaglio della sua mente.

Alice non scioglie più i capelli da tanti anni e li tiene alzati in una crocchia sulla nuca, ama mostrare le sue orecchie piccole e delicate mentre indossa degli orecchini enormi e colorati, come le scarpe che colleziona.

Come quelle gialle con il tacco alto di quella mattina, quando passando di corsa si dimenticò di guardare la vetrina e sentì dopo un attimo dietro di sé “questa mattina non mi saluti?”

Alice si volta e lo vede. Fermo in mezzo al marciapiede, composto, perfetto, sportivo, capelli chiari e il sorriso disegnato non a carboncino ma con le matite tenui e gli acquarelli bagnati di desiderio.

Rimasti sempre ad aspettarsi, loro che si cercavano da anni ma non lo sapevano davvero. Loro che il tempo ha risolto in vite sbagliate come bagagli scambiati all’aeroporto, con la cattiveria di dolori insuperabili ma fissati dentro al petto nonostante il voler continuare a vivere come se niente fosse accaduto.

Lei si avvicina dimenticandosi dell’ora di lavoro, si avvicina perdendo il tempo. 

“Non so neppure il tuo nome.”

“Lo saprai presto.” Risponde lui e le fa segno di andare perché è tardi.

E’ tardi ma troppo presto per restare, per essere spudorata lungo quel collo di cui si è innamorata mentre tornava a casa dal lavoro, pensandolo pieno di baci dati dalle sue labbra.

Alice aveva bisogno di perdersi e sotto il vestito a fiori che indossava il giorno dopo aveva spruzzato il profumo di viole che aveva ritrovato in un cassetto.

Nascosto sotto i vestiti sgualciti di quella vita che ogni sera la aspettava a casa spoglia di ogni tipo di sentimento.

Lui già fuori, sigaretta tra le dita, sorriso perso sotto il fumo, ad aspettarla, dentro quel giorno che si sta avvicinando e a me porta solo una macchina fotografica mentre sono là oltre la strada e li vedo, oggi uso le parole e li faccio incontrare.

Belli come solo loro possono essere, faccio i sogni e poi li impasto.

Lui che prende le mani di Alice color farina, le sue dita di mani che hanno perso abbracci troppo presto e che non credevano di trovare più l’amore.

Scatto.

Alice stringe tra le mani un mazzo di fiori, corre veloce per la strada, corre da lui perché lo ha sempre desiderato e ora non ha più paura perché ha lasciato i suoi incubi dentro un inferno che brucia e lei non tenta più di spegnerlo, sotto le labbra ha sgretolato le parole che facevano male ai polsi.

Alice. L’amore.

Arriva quando meno te lo aspetti, sa di un profumo che solo il cuore può riconoscere, come la voce che ti fa sembrare tutto nuovo ogni volta che la ascolti.

Ripongo la macchina fotografica per oggi, quella che tengo tra le dita, io scatto con le sillabe e entro in una via buia a prendere appunti, forse anche per me c’è pronto un sogno, ma ora mi godo le risate di Alice e del suo innamorato, amante, fumo che sa di terra.

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2020-05-08T17:30:19+01:00