Spengo la luce mentre là fuori la città ancora si snoda e risplende.
Spengo le ombre e tiro la coperta al mento, chiudo gli occhi e affondo nel tempo passato.
Nelle mani che mi cercano mentre cammino, nei sorrisi davanti ad un oggetto nuovo, negli abbracci prima di partire.
O quell’abbraccio appena torno. A casa. Dai miei figli.
Cresciuti ad una velocità che questa notte mi scivola sulle spalle come quel mondo che per loro nel mio intimo ho cercato di creare con tutti i sacrifici che ho intrapreso.
Pagati dal ritrovarli.
L’emozione più grande che potessi e volessi provare, quella di essere padre, non stare nella pelle dal stringerli al cuore ogni volta che attraverso un’ecografia osservavo il loro crescere.
Erano e sono il mio seguito perfetto.
Rapporti diversi ma intensi, legati da un filo conduttore che si chiama sangue e mi fa provare diverse sensazioni.
Con il primo figlio, spesso scontri caratteriali, durezza e confronto, riflessi di un gran voler bene.
Con la seconda, un’empatia delicata e dolce, leggerezza e volontà principesca.
Con la terza condivisioni e ritrovi, anche se a volte con battibecchi.
Sono diviso in tre, sfaccettature che mi rendono completo e per cui spero sempre di proteggermi cercando di non commettere sbagli che mi possano allontanare da loro.
Il buio diventa un caldo abbraccio in questo momento, un non sentirmi distante dai miei figli ma lì con loro, sussurro dolcemente un “buonanotte” mentre sento che la stanchezza della giornata con il sonno, stanno prendendo il sopravvento.
(Dall’esperienza di Massimo)