Il cielo oggi regala una bella luce.
La cucina è immersa in un colore giallo che mi ricorda l’estate, il calore dei viaggi, la fantasia del rilassarsi sotto l’ombrellone.
La quiete.
Apro la dispensa e prendo il pacchetto di farina, preparo la spianatoia e impasto.
Intanto la mente va, scivola nel tempo e mentre le dita avvolgono la pasta ricordo quando non avevo tutto questo.
Quando io e mia moglie eravamo solo una coppia, non so se mi manca quel periodo, forse semplicemente la lentezza di allora, l’avere più tempo da dedicare a noi ma so che volere una famiglia era da sempre un mio progetto.
Sapevo di poter essere in grado di farlo, anche se ora in alcuni momenti mi sento inadeguato, sarà che i miei figli crescono ed ho paura di non poterli proteggere sempre, di comprenderli ed educarli al tempo stesso.
È dopo i trent’anni che il desiderio si è fatto più forte, ero pronto, lo volevo e sapevo anche che il ritardo della mia compagna quella volta ci avrebbe portato un dono e così fu, era così piccolo, indifeso, una perfezione che durante i nove mesi di una gravidanza tranquilla, ho solo immaginato.
Ora lui è grande, alle porte di un’adolescenza che spesso mi lascia a bocca asciutta, ci ingarbugliamo in un rapporto a volte conflittuale ma credo sia tutto normale.
Con l’altro le cose sono più semplici, forse complice ancora l’età. Staremo a vedere tra un paio di anni!
Verso ancora un po’ di acqua nella fontana di farina, perché tende a sbriciolarsi. Impasto il pane per la cena che lieviterà piano.
Mi piace il suo processo, somiglia agli affetti.
Ci vuole pazienza nel costruirli ma tanto amore nell’aspettare che crescano, così il legame tra genitori e figli: non servono dei gesti speciali per essere delle ottime guide, basta stare attenti a ciò che si fa, perché i figli copiano da noi genitori.
Trasmettiamo a loro tutto: gesti, atteggiamenti, parole e sensazioni.
E perché no, anche i nostri sogni.
I nostri domani.
(Dall’esperienza di un amico con grandi sogni)