Due

Fuori ancora c’è buio.

Devo partire presto perché oltre alla strada, al traffico, più tardi mi aspetta una riunione.

Non ho voglia, ma scaccio via certi pensieri pigri, infilo la giacca di pelle e mi dirigo verso la macchina.

Accendo la seconda sigaretta del mattino.

La seconda di una fila numerosa, perché poi perdo il conto e per un attimo penso a quel numero…due!

Dicono che sia il tre il numero perfetto ma cosa c’è meglio del due?

Una coppia, due identità…due figli.

I miei!

Sorrido e mentre ingrano la marcia, penso a loro. Lì allo sbocciare dell’adolescenza, mia forza quotidiana, ragazzi tosti senza i quali la mia vita non avrebbe davvero alcun senso.

Con loro quel rapporto di amicizia, fratellanza, come se fossi il capo di una tribù nella quale spesso si litiga ma dove il rispetto resta la base portante, perché se sbaglio io stesso sono il primo a chiedere scusa a loro.

Il suono delle loro risate riecheggia dentro di me, i nostri gesti semplici ma che ci contraddistinguono, un po’ come se batterci il cinque e alzare il pollice facciano da benvenuto ai nostri patti, al comprenderci, un sigillo del “ci sono non aver paura!”

E quante ne ho avute io, sia mentre li aspettavo e immaginavo, sia ora mentre crescono e sfuggono dai miei occhi ma non dal mio petto, da quel cuore che molti credono arido all’apparenza ma il motivo è uno: lo custodisco per pochi.

In un cassetto tengo ancora i test di gravidanza che sono stati il primo segno concreto del loro esserci. Quattordici anni dal primo e se mi capita di guardarlo sembra semplicemente ieri.

La sigaretta è finita. Non voglio accenderne subito un’altra.

Due. Per ora bastano.

Sorrido e va bene così.

(Dall’esperienza di P.)

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2018-11-18T13:02:47+01:00