In punta di piedi

Questa notte non ho dormito.

Gli occhi pesanti, mentre i pensieri lo sono stati ancora di più.

Il letto vuoto per metà anche oggi, ed i piedi vicini al petto quando il silenzio nella stanza mi ha riportato di tutto, anche le varie mansioni che voglio compiere durante la giornata.

Gli auricolari ormai fedeli compagni di notti fragili, la musica nelle orecchie che accarezza dolcemente il cuore.

“Sarà difficile lasciarti al mondo e tenere un pezzetto per me…” scandisco dentro da tempo ogni singola parola di questa canzone, mi fa compagnia perché descrive me, descrive lei.

Mia figlia.

La guardo e non mi sembra vero.

Come canta Elisa “sarà difficile diventar grande prima che lo diventi anche tu”, perché quando mi rifletto distratta nello specchio, non penso di essere un’adulta, io che ho corso una vita intera, cresciuta a forza di cose troppo velocemente, mentre ero ancora una ragazzina mi sono ritrovata madre.

La volevo, non so se la cercavo, dentro è arrivata a stravolgermi e travolgermi, come fa ora, ormai ragazza, grande sia di testa che di corpo, alta, bella. Spesso mi chiedo se mia.

Ancora dopo tutti questi anni mi fa strano pensare di essere madre, quella vita che ancora sento crescere dentro di me, estasiata, come durante quell’estate rovente, ora fa passi da gigante in questo mondo così a pezzi.

Ho mille paure, quelle che stritolano me nelle notti vuote, quelle che per lei si moltiplicano, ma poi la guardo, dopo i nostri scontri e so che è in gamba.

Lei che mi abbraccia con gli occhi e sembra dica “Dai mamma ci sono io, non arrenderti!”, all’interno delle nostre risate complici e in quei silenzi in macchina mentre la musica va.

Come ora, di nuovo “play” sullo schermo del cellulare e la canzone intona “sarà difficile chiederti scusa per un mondo che è quel che è” e respiro perché in fondo in queste notti di solitudine, mentre tu dormi nell’altra stanza, io scusa vorrei urlartela per quella vita che ho sempre sognato per me e che speravo per te.

In questo mio piccolo spero di darti della felicità, donarti anche un briciolo di gioia, mai paragonabile a quella che ho provato quel giorno di quindici anni fa, dopo lo smarrimento iniziale, nell’ansia del non sapere cosa mi sarebbe successo e come sarebbe stato, nella voglia di averti già mia, in quel segno per non essere banale nel dirlo a tuo padre: quelle scarpette che ancora gelosamente nascondo in un cassetto perché ho subito pensato ai tuoi passi, al tuo futuro, a noi.

Avevo sogni per me, mi sentivo una bambina e tu lo sei anche se ti senti una grande, ecco il motivo per cui ti dico di frenare figlia mia: il tempo corre lo stesso e non prende nota di tutto.

Mi alzo e vengo a svegliarti, dormi serena e a me questo già basta, per scacciare via il sonno e ingranare la giornata. Sorrido, anche se subito dopo sbuffo per il tuo disordine!

Meno male che ci sei, piccola mia!

(Dall’esperienza di Juli)

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2018-11-10T19:24:26+01:00