Capelli candidi e sorriso timido.
Nascondevi chissà che rimorsi o le insoddisfazioni di un qualcosa che ti batteva nel cuore.
Ricordi sfumati e velo di grigio oltre la memoria degli anni in cui la mia infanzia a volte si tuffa.
La tua pelle bianca e rugosa sulle braccia, le calze che coprivano le tue gambe anziane e il bordo dei tuoi vestiti che arrivava alle ginocchia.
Ci sono storie che infinite non passeranno mai, quelle che negli occhi di chi resta, diventano racconti con brevi immagini, spiriti che non si possono affievolire.
Ero una bambina ma il profumo della tua minestra rimane inconfondibile, aveva qualcosa di elegante, quello che rare volte ho potuto risentire in passaggi casuali magari in quella viuzza del paese dove viveva una donna anziana, lo stesso profumo, forse era la stessa pomodorina che utilizzavi tu.
E la luce gialla che batteva sulla parete della cucina dove accesa c’era la televisione, la stessa dove dopo pochi anni dalla tua partenza, io guardavo “Solletico”.
Il divano con la tela verde scura, con i braccioli di legno, dove sedevamo ed io fingevo di provarti la pressione servendomi di un filettino di ferro per chiudere i sacchetti, volevo essere la tua infermiera, imitavo quella che ogni settimana veniva a casa a controllare i tuoi valori.
Capelli candidi raccolti con forcine marroni, quelle stipate in quel mobile di legno impellicciato che ancora è nel tuo bagno.
Quella casa che ancora ha pezzi di te in angoli.
Lenzuola nel comò, pochi soprammobili davanti allo specchio come se la stanza fosse ancora accogliente.
Le cose spesso sono inutili, ma parlano se devono ricordare.
Il tempo passa ma dentro restano le persone.
Ci saremmo potute conoscere, avrei potuto ascoltare i tuoi racconti, ti avrei fatto domande, ti avrei chiesto della tua gioventù.
Nei tuoi occhi azzurri avrei visto quei sogni che non hai realizzato.
Capelli candidi e una foto del mio compleanno fatta di fretta, un fermo immagine lungo tutta una vita senza te.