Calabria mia simu malati d’amuri, simu malati…
Volevo una canzone che parlasse di una terra eccezionale, la terra della mia mamma.
La Calabria.
E so quanto lei si emozioni ad ascoltare le canzoni di Mino Reitano, l’ho cercata e ora gliel’ho inviata tramite messaggio.
La starà ascoltando, come io poco fa ascoltavo lei parlare ancora dei momenti della sua infanzia, di quando le donne aspettavano il bel tempo e l’acqua nei rigagnoli per andare a lavare le lenzuola. Raccontava di un mondo che sembra qualcosa di inverosimile, di un’infanzia che sembra fantascienza, ma nei suoi occhi quella luce di un tempo che non tornerà più.
Penso alle foto di lei a scuola, scatti in cui i volti dei bambini fermano una curiosità e quasi la paura di non sapere che sta succedendo, vestiti che non dettavano mode ma stati di famiglia, sorridi appena disegnati in un bianco e nero che riporta profumi lontani.
Immaginazione.
Quella che ho dai racconti a cui non mi stanco mai di prestare orecchio, perché ho paura che un giorno quel passato venga dimenticato.
Mamma che racconta della sua felicità e dei suoi fratelli di vedere piovere, ma non tanto per la pioggia in sé ma perché sapevano che la loro mamma sarebbe stata a casa quel giorno invece che a lavorare nel giardino e sapevano che sarebbe andato il loro papà a prenderli a scuola, invece che tornare soli e poi prepararsi anche il pranzo per loro e per i genitori.
Non era sfruttamento, era vita. Quella vera, quella delle fatiche che ti portavano il sapore della terra e del vero, della genuinità dei rapporti, tra vicini e paesani. Nessuna invidia, ma tanta convivialità. Nessun catenaccio alle porte, ma vociare lungo quelle vie striminzite, come se fosse tutto una grande piazza.
E là tutto ancora è così.
Le case sono rimaste quelle di allora, spoglie di voci e profumi, diroccate e senza ossa, con una storia incastonata nelle fondamenta, mentre i loro abitanti più giovani sono andati lontano o nelle città.
Calabria e ricordi, quelli che leggo negli occhi di mia madre.
Non so se sia malinconia, ma nostalgia di certo. Di una terra che ancora oggi ai più sembra una roccia che si sgretola ma che nasconde una grande storia, pieghe e rughe che parlano.
Nel dialetto intonato dal compianto Reitano sento la voglia di ritornare, la voglia di famiglia e sebbene io non sia nata in quella terra, spesso mi manca, sarà che quello che essa realmente è lo sa regalare come non può succedere con nessun altro luogo.
Questione di cuore.
Di amore.